Se lo stress rappresenta una risposta di adattamento da parte dell’organismo e dello sportivo a situazioni che procurano allarme, il fenomeno dell’ansia costituisce invece una variabile che trae origine dall’anticipazione di un possibile pericolo e pertanto dall’atteggiamento che un atleta ha nei confronti di specifici eventi in grado di alterarne l’equilibrio psicofisico. 
La risposta tipica dell’ansia si manifesta infatti attraverso modificazioni fisiologiche assimilabili a quelle della paura (in primis collegate con l’aumento della frequenza del battito cardiaco).

L’ansia, se concepita tuttavia come strumento in grado di favorire l’insorgere di una tensione pregara ottimale, quindi adeguata al livello prestativo che attende l’atleta, ha certamente una valenza positiva.

Quando l’atleta perde però la capacità di gestirla in modo funzionale ( anche a causa di fattori di personalità soggettivi), essa si trasforma in “fattore ostacolante” in quanto l’attivazione fisiologica troppo alta favorisce la deconcentrazione e l’incapacità di gestire gli aspetti emotivi in modo equilibrato.
Intervenire sull’ansia sportiva richiede normalmente una valutazione che poggia su due basi fondanti: una di tipo cognitivo (in cui l’atleta cerca di eleborare, di comprendere e di valutarne le componenti mentali) ed una di tipo somatico (in cui è necessario concentrare l’attenzione sull’apprendimento di tecniche che lo rendano abile nel fronteggiare l’ansia attraverso azioni “antagoniste” –  focalizzate sia sulla respirazione che sul rilassamento, oltre che sul ricorso a tecniche di visualizzazione e di analisi del dialogo interno -).
L’ansia, inoltre può essere “di tratto“, ovvero riconducibile a caratteristiche di personalità del singolo atleta che lo espongono ad una particolare sensibilità a fattori ambientali vissuti come pericolosi, sia o “di stato“, cioè riferita invece a componenti transitorie in cui i vissuti negativi soggettivi ostacolano la concentrazione e la serenità con la quale l’atleta si avvicina alla prestazione o all’esecuzione di un gesto tecnico.
Il mental training consente di favorire un pratico e produttivo dialogo con lo psicologo dello sport, il quale anche attraverso l’ausilio di test specifici oltre che con il colloquio, ha la possibilità di monitorare la componente cognitiva dell’ansia rendendola consapevole agli occhi dell’atleta, e di lavorare attivamente sulla gestione dell’aspetto somatico delle sue manifestazioni, ad esempio tramite il rilassamento distensivo progressivo. Obiettivo finale? Il potenzialmento delle abilità mentali.

Dr Fabio Ciuffini
Psicologo
Consulenza in Psicologia dello Sport
Sostegno psicologico
Albo Psicologi Regione Toscana n°4521
Tel. 320-0298136

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