La paura del successo nella vita personale, lavorativa e sportiva: la nikefobia

Dinanzi ad un cambiamento oppure ad un avvicinarsi di un obiettivo, sono fondamentalmente due le difficoltà che possono emergere: il timore di fallire e quello di riuscire, di vincere.

Questo duplice stato d’animo viene spesso tirato in ballo in ambito sportivo, ma può tuttavia presentarsi anche in contesti personali o lavorativi, nel momento in cui la persona affronta momenti decisivi della propria vita. 
Se la paura di perdere ha da sempre avuto uno spazio prioritario nelle discussioni e negli approfondimenti sul tema, molto meno è stato sviluppato il tema della paura di vincere.

Detta anche nikefobia, dalla definizione di Ferruccio Antonelli del 1963, o, in taluni casi, successphobia la paura di vincere si configura come una conseguenza di una serie di frustrazioni a cui l’atleta o la persona vincente può essere sottoposto in seguito al successo: aspettative eccessive di conferma, gloria smisurata, un forzato e non desiderato egocentrismo, o magari l’ansia conseguente alla mancanza di fiducia nella possibilità di replicare quanto ottenuto.

Alcuni indici di tale disagio sono riscontrabili in tutti coloro che riescono ad avere buone prestazioni sportive ma anche lavorative durante la fase di crescita ma che, giunti all’obiettivo, entrano in difficoltà nel mantenere certi standard o addirittura si tirano indietro da responsabilità o compiti di prestigio assegnati.
Ma che succede in queste persone?

Grande peso è stato attribuito nel tempo a fattori di natura familiare, riconducibili a forti pressioni ricevute per raggiungere scopi predeterminati, per i quali la sconfitta diviene una sorta di punizione inflitta al genitore pressante, o magari all’allenatore sportivo troppo esigente. 

Tuttavia, la paura del successo e la notorietà possono essere riconducibili anche ad una sorta di inibizione dinanzi all’uscita dalla riservatezza e discrezione che ha contraddistinto l’educazione e la crescita personale.
In questo senso frenare dinanzi al successo o alla vittoria può essere un modo di ricollegarsi intimamente a status o principi personali più conformi.
Da questo punto di vista, l’inibizione e l’insuccesso costituiscono una sorta di autopunizione riparatrice.
Ovviamente la paura del successo non va confusa, indipendentemente dall’ambito personale, professionale o sportivo, con il normale stress che accompagna l’adattamento dell’individuo dinanzi ad un cambiamento, dato che l’attivazione fisiologica nella norma che accompagna la fase di transizione da uno stato ad un altro è da ritenersi funzionale ad un buon esito complessivo del percorso di crescita.  

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