IPERVENTILAZIONE E FATTORI PSICOLOGICI NELL’ATLETA
Frequentemente, stati ansiosi pregara si associano a quello che gli atleti definiscono “respiro veloce” o sensazione di “schiacciamento” del torace, conseguente a un senso di affanno non derivante dal movimento bensì dall’apprensione associata all’approssimarsi della competizione.
In sintesi, l’iperventilazione determina una respirazione di natura prevalentemente toracica, in cui si dilata e si restringe – utilizzando un gergo comune – il “petto” dell’atleta.
In tale respirazione intervengono muscoli accessori normalmente non coinvolti da una respirazione diaframmatica (ossia quella respirazione “di pancia” che viene naturalmente accompagnata da una fase armonica di contrazione e rilascio del diaframma, muscolo importantissimo del nostro corpo che separa la gabbia toracica dalla cavità addominale).
Risulta utile tenere presente che l’iperventilazione è pertanto una respirazione “superficiale” in cui i polmoni hanno meno spazio a causa della contrazione solo parziale del diaframma, producendo quella sensazione di soffocamento spesso descritta durante i percorsi di preparazione mentale da atleti tendenzialmente molto ansiosi. Stato che si associa ad un aumento della frequenza cardiaca.
L’iperventilazione, tra l’altro, è spesso accompagnata da colite, tremore ed affaticamento. Conseguenza molto pesante dal punto di vista prestazionale.
Acquisire consapevolezza del “funzionamento” della respirazione e della necessità di una adeguata gestione della stessa, produce nello sportivo la possibilità di sviluppare una più produttiva autoregolazione, utile a modificare la modalità di respirazione e raggiungere un grado di benessere psicofisico migliore in fase di avvicinamento alla competizione.
I fattori psicologici correlati con l’iperventilazione sono infatti riconducibili alla risposta tipica di “attacco o fuga” attivata dalla percezione che l’atleta può avere della gara quale momento “minaccioso”. Forti stati di ansia, di paura, di agitazione rendono gli atleti vulnerabili a risposte psicofisiologiche disadattive, che ostacolano una respirazione adeguata e quindi performance di livello.
Gestire positivamente i pensieri, migliorare l’approccio motivazionale allo sport, riconoscere i segnali di ansia sia sul piano cognitivo che corporeo, facilita l’atleta nell’attuare strategie di prevenzione e di gestione nel “qui ed ora” della gara, aumentando le probabilità di competere sfruttando al meglio il proprio talento.