Recuperare l’attenzione durante la performance. Come si fa?
Il rapporto tra attenzione ed attivazione
Recuperare o saper mantenere adeguata attenzione in competizione è un processo molto importante nello sport. Tale obiettivo richiede grande consapevolezza delle dinamiche interne ed esterne all’atleta (i fattori distraenti) che determinano cali nella capacità di selezionare e processare stimoli funzionali o disfunzionali alla performance.
In un gioco dinamico come il calcio, ad esempio, tale aspetto è spesso determinante, dato che il calciatore si trova frequentemente nella necessità di fronteggiare aspetti situazionali soggetti a grande variabilità in pochissimo tempo. Idem vale tuttavia per altri sport come il basket, il rugby, il volley o comunque in tutti gli sport “open skills”.
Un’attivazione inadeguata alla richiesta del compito, produce infatti tendenzialmente due risultati:
- quando l’attivazione fisiologica è troppo bassa, l’atleta viene “colpito” da un quantitativo troppo alto di input sui quali non riesce ad applicare processi selettivi adeguati: insomma subisce passivamente gli input e non è in grado di effettuare scelte efficienti ed efficaci (cioè lenti ed improduttive).
- quando l’attivazione è invece troppo alta, il rischio è che l’attenzione subisca un restringimento troppo elevato, che lo induce a fenomeni di cecità attentiva che lo rendono incapace di “intercettare” situazioni rilevanti (ad esempio a causa di influenze negative sull’aspetto visivo e percettivo che creano distorsioni nella valutazione delle distanze creando stati di “fretta” nell’esecuzione, rendendola inaccurata).
Ad un atleta “maturo” è richiesto a mio avviso di conoscere il rapporto tra tale binomio, in modo che, regolando la propria attivazione fisiologica ed emozionale, sia in grado di ricalibrare la propria attenzione su livelli qualitativi adeguati alla richiesta del campo.
A tale scopo, diventa pertanto decisivo apprendere tecniche di respirazione, di visualizzazione, di gestione del dialogo interno capaci di ripristinare gradi di eccitazione (arousal) adeguati (ad esempio anche iniziando a conoscere meglio il rapporto esistente tra motivazione ed attivazione stessa), in modo che l’atleta possa applicare accorgimenti cognitivi, emotivi e comportamentali supportivi.
La preparazione psicologica consente allo sportivo di comprendere “quello che accade” in caso di deficit attentivo durante la partita, iniziando ad allenarsi con impegno e costanza (ed autonomia) a gestire tali situazioni in campo, in modo gradualmente sempre più produttivo.