CALCIO, COVID-19 E CONTAGIO: COSA ACCADE DURANTE UNA PARTITA?

Calcio e Covid-19: cosa dicono gli studi sulla pericolosità di questo sport? Quali possibili soluzioni?

Provando ad analizzare alcuni (pochi ma noti) studi disponibili sul rischio contagio nel calcio, ho cercato di riassumere alcune riflessioni ed alcune proposte che potrebbero aiutare questo sport ad andare avanti, soprattutto a difesa dei ragazzi costretti continuamente a vedersi negare il loro diritto a praticarlo.

Ma il calcio è davvero pericoloso? Insomma il problema principale che porta i governi a “stoppare” questo sport, qual’e?

► Partiamo da alcuni concetti essenziali…

Il contagio, come sappiamo, aumenta in modo probabilistico sulla base di alcune evidenze scientifiche che suggeriscono che il SARS-CoV-2 si diffonde da persona a persona:

  • in modo diretto
  • in modo indiretto (attraverso oggetti o superfici contaminati)
  • per contatto stretto con persone infette attraverso secrezioni della bocca e del naso (saliva, secrezioni respiratorie o goccioline droplet).

Analizzando le specifiche del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità, in relazione allo sport potremmo dire che il rischio contagio sia crescente in base a:

  • contatto fisico diretto con un caso COVID-19 (per esempio la stretta di mano o l’abbraccio)
  • contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso COVID19 (ad esempio la saliva o il muco)
  • contatto diretto (faccia a faccia) con un caso COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di almeno 15 minuti

Il che, in sintesi, ha portato a sviluppare protocolli specifici in grado di ridurre il rischio.

Come? mediante comportamenti “nuovi” alle quali le società sportive si sono scrupolosamente adeguate sia in campo che fuori, con alcune differenziazioni in base al livello dilettantistico o professionistico (autocertificazioni, tracciamento, igienizzazione di mani ed ambienti e dotazione di dispositivi appositi, misurazione della temperatura corporea, uso organizzato degli spogliatoio, ingressi ed uscite differenziate, specifiche accortezze durante gli allenamenti etc..).

Da notare che nell’ultimo protocollo del Ministero dell Sport si afferma che:
“durante l’attività fisica è obbligatorio mantenere la distanza interpersonale minima adeguata all’intensità dell’esercizio, comunque non inferiore a 2 mt”, eliminando il riferimento alla durata dell’esposizione (15 minuti).

Chiaramente il calcio, nella sua dinamica di gioco, rappresenta uno sport di contatto dove la vicinanza fisica è frequente. Tuttavia, alcuni studi dimostrerebbero che il rischio in campo è basso nonostante tutto.

Ad esempio, uno studio della KNVB, la Federazione Olandese, risalente al Maggio del 2020 e commissionato ad Inmotio (azienda che si occupa di performance analysis) sostiene che il 98% delle partite presenta un rischio minimo per i calciatori di trasmettere il Covid-19 ad un compagno o avversario.

Valutando 482 partite, nella stragrande maggioranza dei casi, è stato rilavato che i calciatori difficilmente restano in contatto per più di 30 secondi sotto il metro e mezzo.

Considerando che non viene valutato come pericoloso un contatto di tale entità (bensì come citato in precedenza di 15 minuti al di sotto di 2 metri), i contatti tra atleti non sembrerebbero troppo pericolosi.

►Tutto qua? No…

L’esposizione crescerebbe in 2 occasioni principali: calci d’angolo (45% dei contatti), specialmente se ripetuti, e festeggiamenti dopo un goal (35%). Tuttavia tali occasioni non produrrebbero mai esposizioni così prolungate.

Andiamo avanti.

Uno studio danese dell’Università di Aharus realizzato da Nikolas S. Knudsen e Manuel M. Thomasensu effettuato su 14 partite professionistiche di Super League e che ha  simulato la presenza di un positivo durante il gioco parla di 657 secondi (meno di 11 minuti) il tempo in cui i calciatori restano a distanza minimale da quest’ultimo  (con la media di 1 minuto e mezzo a singolo atleta). 

Il rischio maggiore sembra essere a carico degli attaccanti, quello minore per i portieri.
Nota importante: data la diversa intensità di gioco, un secondo studio dei ricercatori ha voluto analizzare la differenza tra ambito dilettantistico e professionistico, evidenziando che nel primo il rischio si riduce ulteriormente (di circa il 50%), data la diversa intensità del gioco.

Ricapitolando:

  • nel calcio il contatto medio è ben inferiore ai 15 minuti ritenuti pericolosi
  • calci d’angolo e comportamenti in specifiche fasi (vedi festeggiamenti) possono aumentare il rischio, senza renderlo tuttavia superiore agli standard tollerati
  • Alcuni ruoli sono più esposti di altri (es.gli attaccanti)

►Possibili soluzioni

I ricercatori fanno riferimento alla possibilità di prevedere che:

  1. in caso di calcio d’angolo ripetuto, vi sia un’uscita dall’area di rigore della squadra che attacca tra una battuta e l’altra
  2. che sia accentuata la necessità di evitare festeggiamenti in gruppo dopo un goal (come abbiamo visto per pochissimo tempo in realtà in Bundesliga).

Potrebbe essere inoltre ipotizzato, a mio avviso:

  1. inasprimento della sanzione in caso di festeggiamento di gruppo (al massimo anche prevedendo annullamento del gol data l’importanza della regola)
  2. riduzione del minutaggio delle gare in tutte le categorie (portando ad esempio quelle da 90′ a 80′ ridurremmo il tempo di esposizione dell’11% circa senza intaccare troppo lo spettacolo generale)
  3. impedire gli strattonamenti in area di rigore (che in genere penalizzano maggiormente attaccanti e difensori centrali bravi nel colpo di testa) su calcio d’angolo durante l’attesa della battuta accentuando invece, come in altri sport, l’efficienza nel movimento e nell’anticipo.
  4. nella categorie giovanili (in primis nei bambini che tendono maggiormente al contatto fisico degli adulti) allo scopo di preservare il gioco e la competizione, potrebbe essere valutabile una riduzione del numero di giocatori in campo (meglio giocare 3 vs 3 –  5 vs 5 o 7 vs 7) che niente, prevedendo che vinca la squadra che si è aggiudicata un maggior numero di “partitine”). Dinamica che potrebbe preservare la possibilità di competere e giocare.

Resta il dubbio che, pur considerando la stretta necessità di evitare assembramenti negli impianti sportivi (come ben evidenziato dalla scelta del gioco a porte chiuse) attraverso scelte razionali e fondate su studi sicuramente non esaustivi ma chiari, sarebbe stato possibile evitare una nuova chiusura quasi generalizzata.

Le scelte progressive – che sembrano accentuare le diseguaglianze e la percezione di ingiustizia in molti bambini e ragazzi –  portano ai giovani notevole disagio dal punto di vista non solo fisico e tecnico ma anche e soprattutto psicologico, data la continua severità con cui il mondo dello sport è stato considerato un problema piuttosto che uno strumento di prevenzione e salute.


Bibliografia e linkografia
Knudsen, Nikolas & Thomasen, Manuel & Andersen, Thomas. (2020). Spread of virus during soccer matches. 10.1101/2020.04.26.20080614.
https://www.consultancy.eu/news/4388/only-minor-risk-of-covid-19-transmission-in-football-match

Studio danese: giocatori a distanza di contagio per un minuto e mezzo a partita


http://www.sport.governo.it/it/emergenza-covid-19/lo-sport-riparte/nuovo-protocollo-attuativo-delle-linee-guida-per-lattivita-sportiva-di-base-e-lattivita-motoria-in-genere/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.