Il Perfezionismo patologico nell’atleta: come si manifesta, come può essere affrontato
Se leggiamo le parole dello Psichiatra Luigi Anepeta, troviamo una definizione complessa ma lineare di perfezionismo:
“Per perfezionismo intendo un regime interiore caratterizzato da un modello ideale elevatissimo sul piano sociale e morale con il quale l’Io, consciamente o inconsciamente, si identifica, e che assume come espressivo del suo bisogno di individuazione. Posta tale identificazione, l’Io devolve tutte le sue energie alla realizzazione di tale modello senza mai peraltro raggiungerlo e sperimentando, di conseguenza, un vissuto di inadeguatezza e di disvalore che rimane inalterato nonostante le eventuali conferme sociali che riesce a conseguire”.
Personalmente, ritengo il perfezionismo sportivo una specie di “eccesso” di natura motivazionale che porta l’atleta a non riuscire ad individuare i propri obiettivi con chiarezza a causa dell’insoddisfazione latente che traspare da ogni successo raggiunto.
Allo sportivo perfezionista manca sempre qualcosa, c’è insomma sempre quel “quid” che può essere fatto meglio e che inasprisce il gusto dolce di un’ottima prestazione o di un grande risultato raggiunto.
Processo questo che induce ad una ricerca ossessiva del “ancor di più e dell’ancora meglio“, attraverso una specie di mantra personale che genera una serie di reazioni a catena:
- Performance fortemente altalenanti (ritmi fisiologici e richieste psicologiche autoimposte non vanno di pari passo)
- livelli di stress ed ansia altissimi
- attivazione fisiologica alterata
- pensieri intrusivi e negativi
- pensieri dicotomici (tutto o nulla)
- svalutazione di sé e del proprio valore personale,
- stati depressivi ed evidente sofferenza (consapevole quanto sorda davanti ad ogni tentativo autonomo di fuga e di riequilibrio).
- Over-training (Più mi alleno, più miglioro)
- resistenze nel trovare compatibilità tra impegni sportivi e scolastici/professionali
- graduale isolamento sociale
- assenza di momenti di svago
- somatizzazione
- stati di tensione e nervosismo che si concentrano in particolari zone del corpo (talvolta decisive nella pratica sportiva),
- insonnia
- Ridefinizione di se stessi e dei propri valori, delle motivazioni, e dei propri obiettivi sportivi e personali attraverso l’identificazione di scopi che siano sì rilevanti soggettivamente ma anche raggiungibili. È necessario insomma ricreare una valida intersezione tra aspetto razionale ed emotivo, tra possibilità e richieste, tra attitudini e ambizioni orientando l’atleta verso mete plausibili.
- tecniche di rilassamento e visualizzazione costanti
- analisi del dialogo interno
- valorizzazione delle risorse personali “depotenziate” dalla svalutazione dei propri progressi e successi
- profondo lavoro sulla propria autoefficacia e sulle emozioni associate alla performance
- colloqui di sostegno e supporto nel difficile processo di accettazione di sé
Dr Fabio Ciuffini
Psicologo
Consulenza Psicologica
Psicologia dello Sport&Mental Training
Albo Psicologi Regione Toscana n°4521
Tel. 320-0298136