Il giovane è chiamato ad analizzare in modo rapido e preciso il contesto di gioco che ha dinanzi necessitando di focalizzare naturalmente l’attenzione “dove serve” per fronteggiare la difficoltà che incontra. Dopodiché gli viene richiesto di valutare rapidamente pro e contro della dinamica in atto effettuando un lavoro di “sintesi”.
A quel punto, effettua una scelta assumendosi un rischio. Quando parliamo di giovani atleti di sport di squadra che devono muoversi in campo pensando, trovo che sia fondamentale la capacità di dimostrare “coraggio” proprio nella direzione della ricerca di soluzioni, laddove la possibilità di sbagliare è chiaramente sempre presente.
Un aspetto che dev’essere premiato e valorizzato INDIPENDENTEMENTE DALL’ESITO DELLO STESSO proprio per il valore assoluto dell’autonomia di pensiero e di scelta. Talvolta, in realtà, si tende a confondere l’egoismo con l’assunzione di un rischio e questo è a mio avviso un errore grossolano dal punto di vista psicologico.
Il giovane è certamente inserito in un contesto di squadra, è vero. E questo deve portarlo a sviluppare gradualmente quel “senso del collettivo” che lo spinga a privilegiare soluzioni che favoriscano il vantaggio di squadra rispetto a quello individuale. Tuttavia, ciò che contraddistingue il “talento” vero è proprio la capacità di esprimere le proprie prerogative sia a livello tecnico che cognitivo, attentivo e percettivo, individuando strade che solo assumendosi un rischio con autoefficacia può sperimentare e valutare.
Nel calcio, ad esempio, un bambino che in fase difensiva tenta un dribbling, spesso viene rimproverato perché non ha passato la palla o non ha effettuato un lancio lungo per liberarsi dalla pressione dell’avversario. In realtà, il fatto di aver tentato una soluzione molto difficile e molto rischiosa (perdi palla e l’avversario va in porta…) rappresenta un segnale proattivo di talento e di sperimentazione delle proprie abilità.
Al contrario, in virtù della cultura del risultato che castiga l’errore, il giovane viene sgridato e ripreso, trovandosi costretto ad inibire ricerche di soluzioni non solo intelligenti ma creative (intese non come “fantasiose” e “strampalate” ma realmente in grado di creare spazi, opportunità nuove ed originali anche per i compagni stessi).
Il coraggio, insomma, va premiato e rinforzato positivamente sempre in quanto ingrediente necessario allo sviluppo di autonomia. Con l’equilibrio di chi deve giocare in gruppo, certo. Ma con la consapevolezza che il talento sta, spesso, dove meno te lo aspetti.