La simulazione della competizione: allenarsi “per la gara” o “con la gara”?

Sembra paradossale, ma in realtà in molti sport sembra non esserci una componente basica che dovrebbe accompagnare il lavoro settimanale dell’atleta: la simulazione di gara.
Questo è un tema per me particolarmente importante in quanto dal punto di vista psicologico ritengo determinante creare condizioni di allenamento capaci di riprodurre in modo più fedele possibile le dinamiche situazionali della competizione vera e propria. Step che trovo frequentemente piuttosto carente nelle prassi di allenamento.

 

Preparare un atleta o una squadra alla gara infatti non significa soltanto fare in modo che l’atleta sia ben allenato dal punto di vista atletico, tecnico e tattico, ma anche facilitare il processo di adattamento alle variabili “di gioco”, che dal punto di vista emotivo ma anche cognitivo non possono essere analoghe a quelle di un normale lavoro settimanale.
In vari sport, certo, esistono criteri ed abitudini ed esigenze diverse in questo senso: ad esempio nel nuoto il lavoro di allenamento difficilmente riproduce in toto le gare che l’atleta andrà ad affrontare realmente, per cui si tende a concentrarsi sulle varie componenti della preparazione, sperando poi che l’atleta riesca a “ricongiungere” al meglio i vari aspetti del “puzzle” raggiungendo i livelli prestativi sperati.
Nel calcio il lavoro si concentra molto, specialmente in ambito giovanile, su una serie di lavori tecnici, coordinativi ed atletici ma poco spazio viene lasciato alla “partitella” che in realtà dovrebbe rappresentare il vero focus dell’allenamento per un calciatore, sia per applicare in situazione aspetti tecnici e tattici, sia per calarsi con maggiore “fedeltà” al contesto di partita.
Nella scherma, come anche nel tennis, si notano allenamenti (anche molto intensi, indubbiamente) per allenare varie componenti della prestazione, ma è difficile assistere ad incontri/partite/tornei organizzati al solo scopo di preparare lo sportivo alle dinamiche reali legate all’avversario, in cui poter sperimentare quelle difficoltà contingenti (ma anche quei ritmi) che chiedono all’atleta stati di assoluta sincronia mente-corpo-situazione, persi a causa di una scarsa abitudine ad allenare la criticità.

L’obiettivo è, in definitiva, quello di “allenarsi tramite la gara” e non soltanto “per la gara”.

In che modo?

  1. aumentando le occasioni ed il tempo concesso alle simulazioni di gara (ad esempio organizzando più manifestazioni/tornei/ eventi in cui dare agli atleti la possibilità di vivere il clima gara con più persistenza, specialmente negli sport dove ci sono poche gare nell’arco dell’anno e dove, pertanto, la posta in gioco viene percepita come più alta).
  2. Stimolare la competitività sana all’interno di un gruppo di atleti, organizzando vere e proprie gare intragruppo in cui cresca il livello di attivazione mentale e l’agonismo.
  3. riproducendo con più attenzione e frequenza le difficoltà tipiche presenti solo nel momento della ricerca di un risultato

 

Naturalmente in ogni sport le esigenze impongono modalità organizzative diverse. Tuttavia è fondamentale abituare l’atleta a “gareggiare” anche quando ciò non è ufficialmente richiesto.
Più è abituato, minore sarà il tempo necessario all’adattamento. Di conseguenza è più probabile raggiungere buoni livelli di efficienza ed efficacia della performance.

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