5 valide ragioni per lasciare uno spazio di “libera creatività” nell’attività sportiva

5 valide ragioni per lasciare ai bambini uno spazio di “libera creatività” nell’attività sportiva 
Tutti i genitori che stimolano i propri figli a partecipare ad attività sportive hanno generalmente come obiettivo quello di inserirli all’interno di contesti in cui sia a livello educativo che in relazione allo sviluppo e sostegno del loro benessere psicofisico, essi possano beneficiare di attività organizzate e strutturate, ben coordinate da istruttori preparati allo scopo.
In tutti gli sport, “pratica sportiva” fa rima con “disciplina, impegno e rispetto delle regole”, elementi utili ad insegnare i principi basilari di convivenza comune in contesti orientati verso specifici obiettivi di prestazione e di risultato.
Molti studi in ambito psicologico hanno in effetti dimostrato come imparare a condividere spazi, regole e linguaggi sviluppi nei giovanissimi atleti:
  • la capacità di assumersi delle responsabilità personali
  • l’abilità nel negoziare tra esigenze individuali e di gruppo (a sostegno di un graduale processo di sviluppo dell’identità collettiva).
Gli studi psicologici ci insegnano che la possibilità di sviluppare creatività da adulti dipende in modo diretto dalla possibilità di “sperimentare” in autonomia nell’ambiente circostante.
Recentemente, uno studio pubblicato nel Creativity Research Journal ha reso noto i dati emersi da un’indagine effettuata su un campione di 100 studenti universitari e laureati che ha messo in relazione le ore trascorse in età scolastica in contesti sportivi con diversi gradi di strutturazione delle attività e i risultati ottenuti in un test di creatività (Abbreviated Torrance Test for Adults – ATTA)
Gli esiti dell’indagine hanno evidenziato che coloro i quali hanno dichiarato di aver trascorso molte ore in ambienti sportivi più “liberi” sono risultati più performanti rispetto agli studenti cresciuti in ambienti caratterizzati da attività con un livello di pianificazione e programmazione più alto.
Dati che suggeriscono in linea generale l’utilità di riservare costanti momenti autonomi di gioco  ai bambini che frequentano i settori giovanili delle varie discipline sportive, nei quali essi abbiano la possibilità di mettersi alla prova da soli interagendo tramite attività in cui le regole siano state oggetto di spontanea ideazione, accordo e autonoma negoziazione prevenendo anche possibili stressors riconducibili ad attività fin troppo “rigide” che non concedono spazio alla libera espressione.
Contesti sportivi capaci di accettare e stimolare momenti di “autogestione intelligente” sarebbero infatti adatti a:
  1. stimolare la capacità di individuare soluzioni autonome da adulti 
  2. incentivare le competenze negoziali
  3. supportare il problem solving
  4. incoraggiare la presa di decisione individuale e collettiva
  5. alimentare la creatività 

 

Il compito dell’allenatore è in realtà quello di formare i giovani atleti nella libera espressione del gioco, senza necessariamente dover essere solo e soltanto “istruttore” o allenatore”.
A tal proposito cito le parole di uno dei pionieri del calcio giovanile spagnolo che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente, ovvero Horst Wein, ideatore dei metodi di lavoro della cantera del Barcellona, il quale sosteneva che..

 

 

 

“Basta con istruttori e Allenatori. È il tempo dei formatori nel calcio, che hanno un ruolo da servitore dei ragazzi, devono guidarli, accompagnarli alla scoperta del gioco, devono stimolarli con una grande varietà di giochi semplificati, devono farli pensare, con delle domande, perché possano risolvere da soli i problemi. Ci vuole un apprendimento attivo del ragazzo, che rimanga impresso a lungo nella sua memoria”.

 

Un obiettivo primario nello sviluppo di un giovane calciatore è favorire sempre la creatività dei bambini. Tutti loro ne hanno, ma sia a scuola che a calcio viene castrata, perchè sono sempre sotto esame, sempre vincolati ai risultati: così prevale lo stress, che è nemico della creatività”.

 

 
 

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