Preparare mentalmente il “contesto” della performance collettiva ed individuale, a che serve?

Preparare mentalmente il “contesto” della performance collettiva ed individuale, a che serve?

L’attività preparatoria di una competizione nei giochi di squadra si focalizza spesso – come unico elemento contestuale di riferimento – sulla conoscenza della squadra avversaria dal punto di vista delle qualità tecniche e delle caratteristiche tattiche o attitudinali.

Ma queste informazioni sono sufficienti? Bastano, insomma per sviluppare un approccio pienamente consapevole alla gara?
Quando osserviamo ad esempio alcune partite di calcio, notiamo spesso come alcuni calciatori ed alcune squadre stentino ad “entrare in partita” determinando errori grossolani che portano a subire gol “a freddo”, evidentemente condizionanti l’andamento di tutta la gara.
Molti allenatori commentano tali episodi affermando, ad esempio:

“LA MIA SQUADRA NON È SCESA IN CAMPO NEI PRIMI MINUTI. EPPURE DURANTE LA SETTIMANA LA PARTITA L’AVEVAMO PREPARATA BENE ED I RAGAZZI AVEVANO FATTO UN OTTIMO LAVORO DURANTE GLI ALLENAMENTI”

Dinamica tuttavia riscontrabile anche in altri sport di squadra come il basket, il volley o il rugby ma, se ci riflettiamo, anche in discipline individuali in cui talvolta alla preparazione corretta del momento competitivo – mediante analisi sull’avversario diretto (pensiamo al pugilato o al tennis) – non corrisponde poi una performance all’altezza delle aspettative.
Tolti ansia o uno stato emotivo o motivazionale non performante, da cosa potrebbe dipendere questa difficoltà?
A mio avviso dall’assenza di “allenamento” nell’adattarsi rapidamente da un punto di vista psicologico e cognitivo al contesto della partita o della gara ostacolando un rapido coping, ovvero il processo con il quale l’atleta o gli atleti si “calano” nell’ambiente e nelle caratteristiche fisiche ed emozionali del contesto sportivo in cui avverrà la prestazione medesima.
Potremmo riassumere sinteticamente questo processo in 3 elementi: vedere, sentire, avvertire.
In accordo con Roberts (2007), un calciatore, ad esempio, dovrebbe dedicare infatti una porzione di tempo quotidiana nella settimana antecedente ad una gara a “vedersi” in campo, a “sentire” i rumori, i suoni e le sensazioni corporee della partita e, infine ad “avvertire” le situazioni della gara, in modo tale da alimentare un atteggiamento positivo e vincente nei confronti della propria prossima prestazione.
Questo lavoro di mental training consentirebbe ad un atleta di anticipare alcuni input e stressors tipici della fase iniziale di adattamento, maturando familiarità con possibili elementi situazionali.
La formula del “Vedere, sentire ed avvertire”, migliora la capacità di sviluppare stili attentivi adeguati alla situazione garantendo una migliore disinvoltura nel gestire la criticità, limitando il dispendio di energie mentali impiegate nell’adattarsi a contesti di gara normalmente non noti o inaspettati.
Da questo punto di vista preparare una competizione significa anche imparare a conoscere l’impianto, la palestra o lo stadio in cui l’atleta dovrà esprimersi, i suoni dell’ambiente, i colori, gli spazi, le caratteristiche del terreno di gioco, del pavimento o di un percorso da realizzare.

 

 

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