Atleti resilienti: L’infortunio come “esperienza”

Ho avuto modo in vari post di analizzare il tema dell’infortunio da un punto di vista psicologico.
Abbiamo potuto verificare insieme quanto nella fase di recupero, ad esempio, sia determinante l’aspettativa dell’atleta rispetto all’efficacia di alcuni processi di cura (basti pensare all’effetto placebo che, pur in assenza di reali fattori farmacologici, favorisce la percezione di minor dolore).
Ho già esposto, inoltre, quanto possano incidere sui tempi di recupero elementi quali la persistenza, la presenza di obiettivi adeguatamente programmati e definitivi, la tolleranza alla frustrazione, la proattività e l’impegno.
Quello che vorrei adesso approfondire è invece un altro aspetto che trovo fondamentale, ovvero la capacità di elaborare l’infortunio come esperienza vissuta dall’atleta ed utile pertanto come step di un processo di  crescita globale.

Un infortunio evoca facilmente vissuti di incertezza, paura e destabilizzazione nell’atleta, principalmente dal punto di vista del proprio senso di integrità, determinando timore nell’esecuzione dei gesti tecnici e motori normalmente effettuati con fiducia e sicurezza.

La percezione del rischio (quella che in psicologia viene chiamata rischiosità) è molto condizionata dagli effetti del trauma, dato che lo sportivo ha dovuto imbattersi con l’evento negativo occorso realmente. Un gesto che prima del trauma veniva valutato secondo un certo grado di pericolosità, nel post infortunio viene invece spesso sopravvalutato, fino a quando l’atleta non recupera sicurezza e fiducia e sviluppa un atteggiamento positivo.

 

Se tuttavia pensiamo all’infortunio come esperienza di crescita, vediamo come siano numerosi i lati positivi da sottolineare.
L’evento traumatico infatti consente all’atleta, se adeguatamente seguito anche dal punto di vista psicologico, di:
  • aumentare la consapevolezza di sé e dei propri limiti
  • favorire una conoscenza più profonda delle sensazioni corporee associate al trauma migliorando la sua capacità di lettura dei segnali che provengono dal proprio organismo, ad esempio in fasi di overtraining.
  • migliorare la capacità di percezione dei segnali emotivi correlati all’infortunio medesimo aumentando la conoscenza dei processi emotivi in atto in caso di trauma (aumento di competenza)
  • stimolare la resilienza e la resistenza a fasi difficili sportive ma anche extra-sportive
  • acquisire dimestichezza con un processo riabilitativo che implichi una pianificazione accurata del recupero funzionale e prestativo in senso ampio, 
  • vivere esperienze positive dal punto di vista umano e professionale con il proprio staff
  • provare a se stesso che si può superare un momento difficile attraverso la propria voglia di recuperare (Aumento del senso di autoefficacia)

 

Nonostante molti atleti subiscano nel tempo infortuni ripetuti (mi viene in mente Giuseppe Rossi, attaccante dell’ ACF Fiorentina) la loro forza e persistenza nel recuperare ogni volta da zero trae origine molto spesso dall’esito di un processo psicologico di accrescimento della propria autostima, legata alla capacità dimostrata nei fatti di rialzarsi sempre.

È chiaro che la paura di rifarsi male sia sempre costantemente in agguato e che essa possa anche determinare una naturale ansia transitoria specialmente nella prima fase di ritorno all’attività agonistica.

Tuttavia tale step è il segnale di una nuova vittoria: quella di essere lì ancora una volta a dispetto degli eventi negativi. Superato questo ostacolo (lavorando molto sul lato emotivo e motivazionale), la strada è spianata.

L’esperienza ha cioè avuto la sua funzione di rafforzamento globale dell’atleta.
Non c’è atleta più forte di quello che sa con certezza di poter contare su se stesso per superare ogni criticità.

Dr Fabio Ciuffini 
Psicologo Prato Lucca
Consulenza Psicologica
Psicologia dello Sport&Mental Training

Albo Psicologi Regione Toscana n°4521
Tel. 320-0298136

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